domenica 7 dicembre 2008

Il libro del riso e dell'oblio

La prima volta che lo lessi, vi lessi soprattutto il tradimento e da questa prospettiva fu uno dei libri (assieme a La Insostenibile Leggerezza dell'Essere) che più mi causò dolore: il dolore dei miti infranti.

Scrive Angela Migliori:
“Testimone in prima fila di quell’era in cui “il poeta regnava al fianco del carnefice”, Kundera immerge la penna nel nero della sua rabbia regalandoci la straordinarietà del suo essere artista, del suo possedere un mondo estetico unico, della sua capacità di incarnare uno degli ultimi spiriti universali, di rappresentare un maestro in grado di riannodare continuamente i fili della tradizione e di aprire, contemporaneamente, possibilità inesplorate e feconde per la scrittura.

Kundera definì “Il libro del riso e dell’oblio” un “romanzo in forma di variazioni” calamitato sul tema della “lotta dell’uomo contro il potere” che è poi “la lotta della memoria contro l’oblio”.


  • Scrivere, dunque, per sottrarsi alla terribile tendenza verso la cancellazione di ciò che è stato, di ogni più piccolo frammento del passato rinnegato allo scopo di oscurare il futuro privandolo di senso
  • Scrivere per impedire che le presunte verità decantate a gran voce dal balcone di un palazzo barocco, sovrastino l’eco ridondante della storia.
  • Scrivere la vita posando il proprio sguardo disincantato e malinconico sul mondo,rivelandone così i più assurdi ed affascinanti meccanismi.
  • Scrivere e lasciare che il lettore riconosca, di volta in volta, un po’ di sé in particolari atteggiamenti e situazioni che coinvolgono i protagonisti di questo romanzo, all’apparenza tutti profondamente distanti fra loro e, nel contempo, accomunati dall’inestinguibile desiderio di aggrapparsi al presente, con gli occhi rivolti all’indietro, decisi a farsi strada nella nebbia dei ricordi, per arrestare “la propria inesorabile caduta attraverso il vuoto spazio in cui risuona l’orribile riso degli angeli che copre col suo squillo ogni parola”. “Il passato si ostina a restare nelle prime pagine dell’esistenza di ognuno e non si lascia cancellare” plasmando così, la persona e tessendo una fitta ragnatela che imbriglia ed immobilizza anima e corpo.
  • Mirek non può eliminare Zdena dalla sua mente pur vergognandosi del lontano amore provato per una donna tanto brutta. Karel “si getta sul corpo di Eva con la sensazione che quel balzo sopra di lei sia un balzo attraverso un tempo smisurato: il balzo del bambino che giunge di slancio alla virilità”; un balzo che lo porta a descrivere ripetutamente il passaggio dal ragazzino che "guardava impotente quel gigantesco corpo di donna, all’uomo che stringe quel corpo e lo domina" Tamina lotta contro l’arrendevolezza della memoria, con il pensiero fisso alle sue lettere perdute e si tortura ricercando i tratti del marito, rievocandoli in ogni viso di uomo incrociato che diventa, di volta in volta, materiale da plasmare sotto la forza progressivamente sempre meno autentica dei ricordi, allo scopo di incontrare ancora lo sguardo del suo defunto amore. Lo studente affoga la sua lytost, “il suo stato tormentoso suscitato dallo spettacolo della propria miseria, improvvisamente scoperta”, precipitando nella dimensione senza tempo della poesia. Lasciandosi avvolgere e coinvolgere dalla sua bellezza, capace di attraversare infiniti mondi, sconvolgendo le più elementari leggi della logica e della cronologia. Jan infine si perde con lo sguardo a fissare la linea di confine che, secondo la sua ottica, divide nettamente la vita erotica di un uomo “nell’iniziale eccitazione senza il piacere propria dell’adolescenza e nel successivo piacere senza eccitazione che caratterizza, all’opposto, la maturità”.
  • Kundera, dunque, offre una galleria di personaggi tutti "(in)discretamente" sopra le righe e, appunto per questo, tutti spudoratamente reali nella loro fragilità, che finisce spesso con l’implodere nel riso.
  • Il riso sarcasticamente malvagio di chi assiste allo sconvolgimento di un ordine precostituito di cose che, private del loro senso presunto, perdono anche il posto loro assegnato nella pretesa gerarchia delle categorie.
  • Un libro dal ritmo lento ed accuratamente studiato, scritto per graffiare l’anima con l’indolente rassegnazione di una penna che testimonia la verità lottando coraggiosamente contro il potere, contro l’oblio: terribili tarli intenti a logorare il legno della nostra esistenza e della nostra consapevolezza, derubandoci dell’identità.”
“Il libro del riso e dell’oblio” di Milan Kundera Editore: Adelphi Data pubblicazione: 1998

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