sabato 3 gennaio 2009

L'aura (o il fascino)

"In greco e in latino si parla del fascino come fosse una brezza, un'aura spirante dalle persone o dai luoghi, che a volte cresce, diventa turbine, nembo, nube abbagliante, riverbero dorato, ingolfa e stordisce. Come la gloria del guerriero, splende la bellezza femminile.

In una poesia che intitolò Verginale, Pound descrive l'abbraccio di una donna soffusa d'aura.

Via, via! Andatevene! L'ho appena lasciata, che non guasti questo involucro un minor fulgore, l'aria che mi avvolge ha una lievità nuova. Esili le sue braccia, ma mi hanno stretto lasciandomi ammantato di un'estetica garza, come d'erbe soavi, come di chiarità sottile. Oh la magia che accanto a lei ho assorbito!

Antaura, l'opposto dell'aura, era in Grecia il demone del malessere e dell'emicrania.

Radicate nel fondo della mente sono le metafore della brezza e dell'alone luminoso; già sulle pareti delle caverne appaiono esseri divini cinti di un'aureola, sia nella pittura indù che nella cinese alle creature soprannaturali fluttuano la veste e la chioma e un alone le avvolge. … Così forte è la carica simbolica dell'aureola che i romantici facevano escursioni faticose sul Brocken, la montagna delle streghe, per contemplare la loro figura che al crepuscolo, su quelle pendici, si proiettava lucente e trasfigurata nelle nuvole. …

Tanto ci incanta la raggiera dorata di un'aura, nella luce incerta della montagna, sulla spiaggia assolata o nell'alcova notturna!

"Aura" per tutto l'Ottocento è una parola che sale facilmente alle labbra, si applica a nuovi usi con piacere e sollecitudine: un trattato del 1936 attribuisce all'aura del seme la fecondazione, aura è denominato l'effluvio di punte metalliche cariche di elettricità, lo stordimento che precede l'attacco epilettico e per estensione il delizioso smarrimento e la goduta paura che annunciano la possessione nella macuba e nel vudu.

Di poi "aura" è diventata una parola desueta, ed è avvenuto repentinamente, poiché ci si è accorti che oggi si vive tra persone e cose in serie che per antonomasia non irradiano nulla; sottili mortificazioni, inesorabili appiattimenti spengono i luoghi e la gente.

Ormai manca da noi l'occasione di usare la parola. … Ancora accade nelle più remote campagne dell'India, fra i prati ondosi color smeraldo, accanto agli stagni di ninfee: l'intensità degli sguardi stordisce.

Quando nelle profumate serpentine dei mercati persiani transitano tintinnando, le nomadi, si resta abbagliati dai loro occhi dove trema il riverbero del deserto. Si trasale, noi che abbiamo sensi appannati dal diuturno grigiore … "

(Da "Aure" di Elémire Zola – Tascabili Marsilio 1995)

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