martedì 22 marzo 2011

Vorrei che fosse notte

Riporto un brano tratto dal libro sotto citato.
In questo libro, il bambino che racconta la storia cresce in una famiglia senza amore. In un paesino di montagna nel Veneto trascorre una infanzia solitaria, candida e trepidante, tra adulti teneri e infernali, vecchi severi e chiusi come pietre ... E' in sintesi una saga familiare aspra e malinconica, un mondo antico visto con gli occhi di un bambino.

I maestri e i brutti voti

L'insegnante che mi ritrovai alle elementari era pure una donna. Si chiamava Carla e ai compiti mi dava sempre dei "benino" e dei "visto".
"Visto" era il voto più triste che allora si potesse immaginare. 
Un voto che che non voleva dire un bel niente; ero uno sghiribizzo rosso che stava ad indicare che l'aveva appunto visto, ma che in realtà covava un tacito disprezzo.
Ne avevo timore di quei voti, anche se non avevo nessuno a cui darne conto

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In quegli anni i budini alla vaniglia preparati in bustina ci hanno sfamato in molte, troppe cene. Non erano per i dessert, ma divenivano i pasti veri e propri: li mangiavamo ancora caldi in quella consistenza fluida e giallognola dal sapore dolciastro, nelle loro varianti migliori  con delle sbriciolature di amaretti che si confondevano con i grumi.
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Alternative meno drammatiche, ma di sicuro non allettanti, erano la farina di mais bollita nel latte o la cosiddetta pinza: una focaccia fatta di patate schiacciate, uvetta passa e, quando ce n'erano, fichi secchi.

Dal romanzo "Vorrei che fosse notte" di Gisela Scerman - Ed.Elliot

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