venerdì 28 ottobre 2011

Quelli che muoiono presto

Riporto qui un articolo di Massimo Gramellini pubblicato su La Stampa di oggi ma ripreso da Triskel

Da sempre la morte rende mitici i giovani che la incontrano lungo la strada dei propri sogni. Ma forse la tantissima Italia che si è innamorata post mortem di un motociclista che fino alla settimana scorsa era noto soltanto agli appassionati cerca di raccontarci qualcosa di più. 

Il fenomeno Simoncelli ha colto di sorpresa persino i suoi amici, che continuano a ripetere: non immaginavamo fosse così amato. Infatti non lo era, prima della tragedia, se non nel cerchio magico che ieri si è stretto intorno alla sua bara, in uno dei funerali più coinvolgenti a cui mi sia capitato di assistere in televisione: confesso che quando Valentino Rossi ha fatto rombare la Honda numero 58 in mezzo alla navata centrale della chiesa, le lacrime sono franate a valle senza incontrare resistenza. 

Da qualche giorno Simoncelli è il nome più ricercato sul Web e il titolo più letto sui giornali. 
Certo: è morto giovane come il Grande Torino, come James Dean. 
E in quel modo orribile, riproposto ossessivamente dalla tirannia delle immagini che governa le nostre emozioni. Però c’è dell’altro. 
C’è che Simoncelli non era un campione consacrato, ma una potenzialità. Era quel verbo futuro che non riusciamo a coniugare nelle nostre vite, appiattite in un eterno presente senza traguardi né desideri che non siano la difesa angosciata dell’esistente. 

La sua fine ci commuove e ci spaventa. Perché è come se ci avessero ammazzato il futuro, dando forma a una nostra paura profonda. E mette i brividi, adesso, riascoltare i versi della sua canzone preferita, l’anacoluto più famoso e terribile di Vasco e dell’intera musica italiana: "Siamo solo noi. Quelli che poi muoiono presto. Quelli che però è lo stesso".

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