domenica 4 dicembre 2011

Paria o Parvenue?


In attesa di Porta a Porta


Hannah Arendt
Hannah Arendt


Paria o dalit (o erroneamente intoccabili, ma la traduzione corretta è oppressi) sono definiti i fuori casta nel sistema sociale e religioso induista, includendo anche gli aborigeni indiani e gli stranieri.
Gandhi si riferì ai dalit più poveri ed emarginati come agli Harijan, cioè "figli di dio".

Fin dalla seconda metà del XIX secolo si è andato diffondendo un variegato movimento di riscatto degli intoccabili (dalit). 

Grazie soprattutto all'intervento di Ambedkar, la Costituzione indiana, all'articolo 17, vieta la pratica dell'intoccabilità e ulteriori misure legislative sono intervenute a bandirla nelle sue varie articolazioni e a tutela di coloro che la subiscono. 

Tuttavia si è ancora distanti da una reale estirpazione di questo costume; anzi, pare che la crescita della consapevolezza tra gli intoccabili (dalit) dei loro diritti e un miglioramento delle condizioni di vita di molti di loro abbiano sollecitato le ire e le rivendicazioni di altre porzioni della società hindu, provocando scontri e sanguinosi incidenti. 

Inoltre, le misure legislative promosse per sanare le disuguaglianze ereditate dal sistema castale, hanno avuto l'effetto perverso di rendere ancora più evidenti gli intoccabili(dalit), esponendoli paradossalmente in modo maggiore alla discriminazione ordinaria.

La mancanza di istruzione e formazione, nonché la discriminazione perpetrata a danno di coloro che cercano lavoro mantengono tutt’oggi questo giogo sui Dalit. 

Si stima, inoltre, che in India 40 milioni di persone, di cui almeno 15 milioni di bambini, siano sfruttate e sotto il giogo del "Bonded labor" termine che si riferisce, all’impiego di una persona in stato di schiavitù per ripagare un debito che, a causa degli alti interessi applicati e dei salari incredibilmente bassi, è praticamente impossibile ripagare tanto che si trasmettono così di generazione in generazione.
Tratto da Wikipedia

Leggendo Hannah Arendt mi sono scontrata più volte con questo termine. Chiaramente per la Harendt, è riferito agli Ebrei.


Trovo poi scritto su Filosofico.net a cura di Diego Fusaro, quanto segue:

"Per Arendt paria sono tutti coloro che hanno preferito rimanere esclusi e marginali, indipendenti, piuttosto che sottomettersi e assimilarsi, perdendo ogni autonomia. Al posto dell'ostinata ricerca dell'integrazione, del conformismo, il paria coltiva la propria differenza, l'intelligenza disinteressata. 

Lo Schlemihl a cui Heine fa vestire i panni del Principe del mondo di sogno volta le spalle a quel mondo sociale che non lo vuole per godere liberamente della poesia, dell'arte e della meraviglia del mondo. 

La situazione del paria si capovolge: da essere lui l'escluso e privato della mondanità, diventano i parvenu miseri e disprezzati, coloro che vivono in rigidi schemi sociali, coloro che hanno barattato la loro libertà con gli idoli dell'utilità sociale. 

Al piccolo uomo di Chaplin non appartengono i doni della leggerezza e dell'irrisione sicura di sé. Anch'egli è innocente ma non è più protetto da Apollo. 

Il sospettato di Chaplin si muove in un mondo grottesco ma reale, è costretto a trovare protezione nell'astuzia e nell'occasionale bontà di un passante. Agli occhi della società Chaplin è sempre, per principio un sospettato. 

Molto prima che il sospettato si trasformasse nella figura dell'apolide, Chaplin aveva rappresentato la secolare paura ebraica davanti al poliziotto in cui s'incarna un ambiente ostile.

Quello che collega la figura del sospetto con lo Schlemihl di Heine è l'innocenza. Negli innumerevoli conflitti con la legge risulta che trasgressione e punizione, per lo meno per il sospettato, sono indipendenti l'una dall'altra e in un certo senso appartengono a due mondi diversi che non si accordano mai. 

L'uomo sospetto viene sempre acciuffato per cose che non ha affatto commesso. In questo piccolo ebreo abbandonato, pieno d'ingegno, che è sospetto a tutto il mondo, si riconosce il piccolo, pover'uomo di tutti i paesi. 

L'uomo paria kafkiano senza arroganza si contrappone sicuro alla società. Kafka fu il primo ad attaccare la natura e l'arte in quanto rifugi per reietti della società. Il signor K. ne Il Castello affronta problemi che, secondo Arendt, sono propri del paria ebraico: è privo di appartenenza, non è né un abitante del villaggio né un funzionario del castello, e tenta la via dell'assimilazione. Chiede soltanto ciò che gli spetta di diritto: una casa, un lavoro, una famiglia, la cittadinanza. Come sappiamo K. fallisce ma non si ritira nel mondo di sogno di Heine. (...)"


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